Proposto da Paolo Ruffilli

Da “Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé…” ad “Amor che torni…”: un’unica storia scritta con infinita dolcezza mista ad intensi sentimenti da Lodovica San Guedoro.
Giovanna Giraudi
DA “AMOR CHE TORNI…”(PARTE TERZA)
VIII

Venerdì venne. Il giorno passò. Scese la sera. Portavo, in una inappariscente busta dell’Erbolario, la nostra storia divenuta libro. Kasim mi aspettava già davanti al locale. Affrettai il passo e lo raggiunsi. Considerai pietosamente il grosso, patetico dito “ingessato” e fasciato, che si sarebbe presentato così per cinque lunghe settimane. “Ma come sia successo precisamente, non lo so ancora…” “Durante una tempesta, dovevo rimorchiare un treno… Mi trovavo nella cabina di guida, la porta dal mio lato era aperta e, quando il mio collega ha spalancato l’altra, si è creata una corrente che l’ha fatta abbattere sulla mano che poggiavo sull’infisso…” Non potei restare seria: “Si tratta dell’indice famoso!”, proruppi, burlescamente, con un’espressione significatica e ridente. In quel momento non pensavo a quando quell’indice a me caro mi ammoniva, ma piuttosto a quando s’insinuava dentro di me… Chissà se lui capì che alludevo a questa seconda possibilità, ma si sarebbe detto di sì dal bel sorriso vivace e dall’occhio scintillante di caldo compiacimento e di furbizia, che gli vidi nel profilo, mentre, svelto e fattivo, mi stava già precedendo verso gli scalini del locale per farmi capire che era oramai il caso di accomodarsi all’interno, visto il poco tempo che aveva. Arrivato però che fu alla porta, l’aprì e mi cedette il passo. Prendemmo posto al tavolino dove eravamo già stati seduti un’altra volta, io sul divanetto, lui di fronte a me, sulla sedia, con le spalle alla sala. Come sempre, la luce serena e calda delle candele si mescolava con quella discreta e soffusa dei lumi applique, creando una velata penombra. Fu prima che io sfilassi il libro dalla busta… Perché quello che avvenne di prodigioso e divino quella sera, avvenne subito. Mentre dopo ci furono solo scorie… Lui aveva poggiato le braccia, disinvoltamente conserte, sul tavolino e mi guardava sereno e fiducioso, in cordiale attesa, in silenzio, in un modo un po’ buffo. Notai che aveva poggiato il dito, vistosamente fasciato, sul braccio opposto, e questo mi fece sorridere, perché, combinato con la posa nonchalante, provocava un effetto davvero comico, di cui lui sembrava cosciente. Poi mi distrassi per togliermi la giacca. Il silenzio si protraeva… Alzando gli occhi, colsi, per caso, la sua immagine… Vidi che la sua posizione tutt’a un tratto era mutata, ora sedeva con le braccia lungo il corpo, le gambe allungate sotto il tavolino e mi guardava attonito e incantato. Fu come cogliere qualcuno in un momento di intimità, in un momento in cui non sa di essere osservato: sembrava come legato nei giri di una invisibile corda, sembrava completamente inerme, completamente in balìa di qualcosa, e vidi, senza ancora capire, che raggi dorati uscivano dai suoi pori. Un attimo, poi si ricompose sulla sedia, tirò indietro le gambe… Ma in quel momento, sotto il mio sguardo stupefatto, attonito e incapace di credere alla realtà di quello che vedeva, il prodigio si rinnovò: lui aveva abbassato le palpebre, ma la luce più intensa, vibrante e dorata filtrava ugualmente da sotto le ciglia e scintille crepitavano alle code degli occhi: il fluido di quegli occhi ardeva, mentre un lieve sorriso interiore aleggiava sulle sue labbra chiuse. Come ho detto, non capivo cosa stesse accadendo, fu un momento straordinario, quello, in cui il tempo si arrestò e io ebbi il solo compito di dilatare le pupille per accogliere tutta quell’apparizione. Fu a casa, nel mio letto, prima di addormentarmi, che, rivedendo quelle immagini, le analizzai, le interpretai e capii cosa era effettivamente successo. Sì, quando sedeva con le braccia lungo il corpo, era chiaramente legato dalla corda dell’amore che lo consegnava inerme in mia balìa, ma sì era proprio cotto di me, che altro poteva significare quella visione? Raggi dorati uscivano dai pori del suo corpo abbandonato, malgrado i vestiti. Poi, quando aveva cambiato posizione sulla sedia, il fuoco si era concentrato negli occhi, che splendevano di sotto le palpebre abbassate, e scintille crepitavano agli angoli esterni… Non era stato in Seneca che avevo letto di scintille negli occhi degli animali, quando Eros li visitava? E Kasim non era particolarmente animale? Fu, quella, una delle ultime apparizioni del fauno in lui. E la più forte. Come ho scritto, emanava da Kasim, incontrandolo dove che fosse, all’improvviso, uno splendore di fiamma, la fiamma traboccava da lui, straripava da lui malgrado i limiti contingenti del suo essere prosaico, a dispetto della sua ristrettezza morale. Per questo ho parlato e riparlerò della fiamma che splendeva attraverso i suoi occhi e il suo corpo, dei raggi che uscivano dai suoi pori… Quel fenomeno che si produceva in genere incontrandolo per la strada, quando lo coglievo alla sprovvista, quando non aveva avuto il tempo di riorganizzare le sue difese, quando il fauno eludeva la sua sorveglianza, si era verificato tuttavia per la prima volta alla sua seconda visita, mentre sedeva al tavolo della mia cucina, anche allora splendeva, sebbene in una maniera che definirei più umana e meno animale o divina:

Ma, mentre continuava a parlare, cessai di capire e anche di udire le sue parole. La sua immagine si era come staccata dallo sfondo, venendo avanti lentamente. Lo guardavo incredula e sorpresa, come in quel momento si stesse producendo una rivelazione o una magia. E il mio fiato si sospese. Improvvisamente, non lo riconoscevo più. Era molto animato. Lo era nel viso, nello sguardo, nei gesti e nella voce. Animato soltanto? No. Possibile che quel ragazzo che avevo visto tanto spesso chiuso, enigmatico, ostile, possibile che quello stesso ragazzo che, durante le nostre passeggiate, mi aveva tanto spesso tormentata con la sua lunaticità e il suo malessere, che mi aveva guardata con occhi torbidi, che mi aveva lasciata già, all’improvviso, diverse volte, che quel ragazzo fosse ora felice?

Fu quella sera, mentre sedeva di fronte a me e parlava fumando, inconsapevole del turbamento e della felicità che suscitava in me, fu quella sera che si produsse per la prima volta quella trasfigurazione………

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